IL RISARCIMENTO DEL DANNO
Avv. Stefano Zoia

La legge prevede che chiunque causa ad altri un danno ingiusto è tenuto a risarcirlo. Il risarcimento dal danno si distingue dall'indennizzo che viene versato nei casi previsti dalla legge quando un comportamento autorizzato dall'ordinamento comporta dei danni per i terzi. Il danno risarcibile si distingue in danno patrimoniale e non patrimoniale. Nella categoria del danno non patrimoniale si colloca il danno alla salute o danno biologico.

Nel nostro sistema giuridico vige il principio per il quale ciascuno deve comportarsi in modo tale da non ledere la posizione altrui. Si definisce, infatti, danno quel pregiudizio che deriva da un comportamento colposo (ossia causato da negligenza, imperizia o imprudenza) o volontario di un altro soggetto. Se questo danno è ingiusto, cioè non c'è una norma che autorizza o impone quel determinato comportamento, allora la legge impone che l'autore del comportamento sia obbligato a risarcire il danno stesso.

Condizioni per il risarcimento
Come abbiamo visto il danno può essere risarcito soltanto se è considerato “ingiusto” cioè se il pregiudizio alla posizione altrui non è giustificato da una norma che impone o consente un determinato comportamento, come accade appunto in caso di legittima difesa.
Il danno può poi derivare da un comportamento materiale tra due soggetti che non sono legati da alcun rapporto precedente, come accade nel caso del sinistro stradale.
In questi casi il danneggiato, per potere ottenere il risarcimento, oltre a provare l'esistenza di un danno e il fatto che questo deriva da un comportamento di un terzo, dovrà dimostrare anche che questo comportamento è stato negligente. Tecnicamente si dice che il danneggiato deve provare la colpa dell'agente.
Oppure il risarcimento puo’ scaturire dal rapporto che lega il medico e/o la casa di cura al paziente il cosiddeto ERRORE MEDICO. Va comunque sempre tenuto presente che il danno può essere risarcito solo se esso è conseguenza immediata e diretta del comportamento del danneggiante. Per questo motivo chi intende richiedere il risarcimento deve sempre dimostrare che il pregiudizio si trova in rapporto di causa-effetto rispetto alla condotta del danneggiante. Si parla in questi casi di prova del nesso causale. Il danno va in ogni caso dimostrato sia sotto il profilo della sua sussistenza sia sotto il profilo della sua quantificazione. Può accadere tuttavia che a fronte alla prova certa della presenza di un danno non sia possibile quantificarlo. In questi casi il Giudice può procedere ad una quantificazione secondo principi di equità. È la c.d. valutazione equitativa del danno. Va però precisato che questa regola presuppone sempre che sia dimostrata l'esistenza di un danno, non potendo il Giudice utilizzare i suoi poteri equitativi per accertare la sussistenza del pregiudizio la cui prova sarà sempre onere del danneggiato.

Il danno patrimoniale
Si definisce “danno patrimoniale” la lesione che un soggetto subisce al proprio patrimonio e che è immediatamente e naturalmente valutabile in termini monetari. Si pensi al caso di un automobilista che perdendo il controllo del proprio mezzo sfondi il cancello di una abitazione. In questo caso il danno è quantificabile economicamente e corrisponderà alle spese necessarie per sostituire il cancello.
Quando si parla di danno patrimoniale si distingue tra:
• la lesione diretta del patrimonio del danneggiato (nell'esempio che precede: le somme necessarie per il ripristino della cancellata) ed in questo caso di parla di DANNO EMERGENTE
• la lesione del patrimonio in prospettiva rappresentata dai minori guadagni che il danneggiato realizzerà in seguito dalla lesione della sua posizione (si pensi ai mancati guadagni del professionista costretto ad un ricovero ospedaliero per essere stato investito mentre attraversava la strada) ed in questo caso si parla di LUCRO CESSANTE.

Il danno non patrimoniale
Il danno non patrimoniale, invece, consiste nella lesione di un bene della vita che non può essere oggetto di quantificazione economica. Si pensi all'onore, alla salute, alla vita di relazione, al dolore che segue alla perdita di una persona cara, ecc. La possibilità di ottenere il risarcimento del danno non patrimoniale è disciplinata dall'art. 2059 del codice civile che è oggi interpretato nel senso di consentire il risarcimento dei soli pregiudizi che seguono alla lesione di una posizione riguardante la persona e che trova un riconoscimento nella Costituzione. Ad esempio, sotto questo aspetto, in caso di lesioni fisiche che hanno comportato per la vittima una lesione seria all'apparato genitale, è stato ritenuto non soltanto risarcibile il danno (c.d. Danno biologico come vedremo) che consiste nella lesione dell'integrità fisica, ma anche il danno che deriva dall'impossibilità di potere avere successivamente una normale vita sessuale, che è stata riconosciuta come un diritto rientrante tra quei valori riguardanti la persona e tutelati dall'art. 2 della Costituzione.
In un passato molto recente si era soliti distinguere il danno patrimoniale in categorie e più precisamente in:
• danno biologico: danno alla salute
• danno morale: il danno conseguente al dolore patito per avere subito un reato
• danno esistenziale: il danno relativo a quelle lesioni della sfera personale che determinavano una situazione nella quale la vittima non era più in grado di portare avanti delle attività e delle abitudini che avevano caratterizzato il suo precedente stile di vita.
Questa suddivisione è stata abbandonata a seguito di una serie di pronunce della Cassazione che ha ormai ha chiarito che il danno non patrimoniale è una categoria unica e indivisibile e che i profili che in precedenza venivano utilizzati per effettuare questa distinzione hanno la sola funzione di individuare dei parametri per la quantificazione del danno non patrimoniale a patto che incidano su beni della vita che sono riconosciuti e tutelati dalla Costituzione. Per questo motivo, ad esempio, è stato più volte negato il diritto ad ottenere il risarcimento del danno non patrimoniale consistente nella perdita del legame affettivo con il proprio animale da compagnia che veniva ucciso (volontariamente o colposamente) da terzi, e ciò sulla base del rilievo per il quale questo tipo di rapporto non trova un esplicito riconoscimento nella Costituzione.

Il danno alla salute
Nell'ambito dei danni non patrimoniali è compreso anche il danno da lesione della salute, detto danno biologico, particolarmente conosciuto perchè viene normalmente liquidato nella maggior parte delle procedure che derivano da un sinistro stradale nel corso del quale si sono verificate delle lesioni. Si pensi al caso dell'investimento del pedone. Il danno biologico ha trovato la sua prima definizione nell'ambito della disciplina delle lesioni derivanti da sinistro stradale, ma questa categoria si applica a tutti i tipi di lesioni causati dall'altrui comportamento imprudente. Si pensi al caso dell'errore del chirurgo che causa una invalidità al paziente in seguito all'esecuzione non corretta di un intervento.
Ovviamente la lesione alla salute può anche riguardare la sfera psichica del danneggiato quando questo, a causa del comportamento illecito di altri, matura una patologia psichica. Normalmente per la valutazione circa l'esistenza e l'entità di un danno alla salute si ricorre ad un'apposita perizia medico legale.

La valutazione del danno biologico tiene in considerazione:
• il periodo di durata della malattia: ovverosia il tempo che va dal verificarsi del danno al momento della guarigione oppure al momento in cui le terapie non sono più in grado di migliorare la situazione del danneggiato (si parla in questo caso di invalidità temporanea)
• le eventuali conseguenze permanenti che non sono eliminabili neppure continuando nelle terapie e che quindi il danneggiato subirà per il resto della sua vita (si parla in questo caso di invalidità permanente).

Il grado dell'invalidità permanente viene valutato attribuendo un punteggio percentuale. La monetizzazione di questi parametri si effettua applicando delle specifiche tabelle che prevedono una somma di denaro:
• per ogni giorno di invalidità temporanea
• per ogni punto percentuale di invalidità (somma che varia a seconda dell'età del danneggiato).

Per quanto riguarda i fatti che danno origine ad una invalidità non superiore al 9% si fa riferimento alla tabella prevista dall’art. 139 del Codice delle Assicurazioni Private (cd. lesioni micropermanenti). Per le invalidità superiori al 9% si fa invece riferimento ad una tabella predisposta dal Tribunale di Milano che viene ritenuta applicabile a tutto il territorio nazionale.

La perdita di una persona cara
Altra forma particolare di danno non patrimoniale è rappresentata dal danno che deriva ai parenti più stretti per la perdita di una persona cara. Si pensi all'ipotesi di una persona che muore in un incidente stradale e al dolore e alla perdita che questo fatto genera per il coniuge e i figli. In questo caso il danno viene liquidato facendo riferimento alle tabelle predisposte dal Tribunale di ROMA che individuano delle somme minime e massime per ciascun parente stretto.

Più complessa è la questione (che si è posta diverse volte all'attenzione della Giurisprudenza) del diritto al risarcimento per il danno biologico consistente nel danno da perdita della vita da parte del defunto. Ed in particolare ci si è chiesti se gli eredi possano pretendere, appunto nella loro qualità di eredi, di ottenere le somme che sarebbero spettate al caro estinto a titolo di risarcimento del danno biologico (per utilizzare una terminologia volutamente vaga) da perdita della vita. Su questo punto occorre fare alcune distinzioni. Nell'ipotesi in cui il decesso sia contestuale alle lesioni (oppure nel caso in cui tra le lesioni ed il decesso non trascorra un lasso di tempo tale per cui il ferito sia in grado di rendersi conto di essere sul punto di morire) la Giurisprudenza è assolutamente univoca nel ritenere che il diritto al risarcimento del danno da morte non faccia in tempo ad entrare nel patrimonio del soggetto defunto e che pertanto gli eredi non possano vantare alcuna pretesa come eredi. Essi potranno quindi unicamente pretendere, in via diretta, il risarcimento per il danno da perdita di persona cara. La soluzione è invece differente nell'ipotesi in cui tra le lesioni che condurranno alla morte ed il decesso trascorra un lasso di tempo nel quale il ferito si renda conto delle sue condizioni e dell'avvicinarsi della morte. In questo caso si parla di danno tanatologico o di danno catastrofale per indicare il danno che il soggetto (che non è ancora deceduto) patisce in quello specifico (per quanto breve) momento terminale della sua vita. Questo danno (o meglio il diritto al suo risarcimento) entra invece nel patrimonio del defunto e gli eredi potranno pretendere di ottenere (nella loro qualità appunto di eredi) le relative somme.

DANNO INDIRETTO, DANNO RIFLESSO, E ALTRE VOCI DI DANNO SPECIFICHE SONO TUTTAVIA ALTRE VOCI DA CONSIDERARE PER LA MASSIMIZZAZIONE DEL DANNO CHE SOLO PROFESSIONISTI SPECIALIZZATI ED IMPEGNATI DA DECINE DI ANNI AD ESSERE SEMPRE AGGIORNATI E TENENDO CORSI DI AGGIORNAMENTO PER ALTRI AVVOCATI POSSONO FAR PENDERE L’AGO DELLA BILANCIA SU UN IMPORTO MAGGIORE DI QUELLO CHE UN PROFESSIONISTA NON SPECIALIZZATO POTREBBE FARTI OTTENERE !!!!